Roger Freitas

Portrait of a Castrato: Politics, Patronage, and Music in the Life of Atto Melani

Original Texts of Translations

Chapter 7, “Completing the Portrait: 1671-1714”

 

(For full citations of letters, see Appendix A [if a letter by Atto] or Appendix B [if not] in the published volume; for citations of other primary and secondary sources, see the Works Cited.)

 

6

Atto to Pomponne, from Rome, 15 March 1672: “per me non vi sarebbe stato salute, s’io continuava ad haver corrispondenza di lettere, e d’avvisi co’i Ministri di S.M.tà.”

12

Cardinal d’Estrées to Pomponne, from Rome, 8 November 1673.  Probably to ensure that its contents would not get back to Atto, this letter uses extensive code, which has been deciphered and written out in a contemporary hand over each passage; I reproduce here that solution, in angle brackets: “Depuis que <l’Abbé Melani est retourné a Pistoye, il m’a escrit plusieurs fois sur> des pensées de retraite sur la dégoust du monde sur <l’Alteration de Sa Santé y fondant le dessein de ne venir pas sitost a Rome>.  J’ay compris qu’il me vouloit <cacher l’ordre que Sa Majesté luy avoit donné de s’en absenter>. . . . <Je ne croie pas qu’il exécute le dessein de venir icy après avoir receu ma responce, si toutesfois il le faisoit> il seroit nécessaire, Monsieur, que Monsieur l’ambassadeur et moy recevoir les ordres de Sa Majesté sur ce que nous aurons a <luy dire.  Je voie visiblement que sa présence sera très fâcheuse au Cardinal Rospigliosi et que s’il y fasoit quelque séjour . . . <n’auroit plus pour luy en France la mesme considération qu’on> avoit <en l’Anée passéé [sic]>.”

13

Ibid.: “Dans <une court et> avec <des esprits aussy susceptibles d’allarme et d’inquiétude, des choses qui> ne seroient pas <importantes ailleurs, causent des effects dangereux.

25

I Fas, Notarile moderno, protocollo 14598, f. 80-80v: “signor Jacopo e signor Atto si sono divisi e separati, et al presente divisamente e separatamente vivono.”

26

Atto to Mattias, from St.-Jean-de-Luz, 11 August 1659: “Per governo della mia casa in Pistoia, Madre e sorelle, non vi resta che Jacinto ed Alessandro, havendo per mia fortuna un fratello maggiore che si è fatto sacerdote per non esser padre di famiglia, e per viver separato dalle sue genti per non havere a pensare che a se solo.”

31

Copy of a letter from Mazarin to Cardinal Antonio Barberini, from Paris, 3 April 1654 (published by Prunières, L’opéra, 174n): “V. Emin.za può essere a se medesima sufficiente testimonio di quanto bene servisse Atto Melani nell’ Orfeo, che qui si rappresentò anni sono, et havendo anche doppo conservata una devotione particolare et un cordial’ affetto a questa corona, merita d’esser benignamente protetto; E perché mi prega con una sua d’interporre appresso l’Em.za V.ra i miei riverenti uffitij per disporla ad impiegare la sua autorità per il Padre Don Filippo suo fratello, acciò possa ottener licenza d’uscire dalla sua religione de Serviti, ritenendo l’habito da Prete, mi sono volentieri preso questa libertà di supplicarne vivamente V. Em.za.”

32

Antonio Barberini to Mazarin, from Rome, 25 May 1654, quoted in Prunières, L’opéra, 175n-76n): “È ben vero, che s’egli [Filippo] non darà il motivo della invalidità della professione, o vero altro fondamento, a cui possa in qualche modo appogiarsi la istanza da farsi, fin d’ hora non saprei come potesse accertarsi la condotta di questo negotio, mentre lo sperar ciò in gratia dal Papa sarebbe contro le sperienze di questi tempi.”

35

Atto to Mattias, from Paris, 3 September 1660: “V.A. troverà che [Filippo] si è fatto un bravo virtuoso, ed è il megliore di tutti quelli che sono qua, tanto per la camera, che per il teatro, havendo fatta una voce di Contralto di tutta perfettione, e delle più grate che si sijno già mai udite, e se il Serenissimo Principe Cardinale Gio. Carlo vorrà restar servito di lui nelle feste che si faranno costà, mio fratello se ne stimerà sommamente fortunato.”

45

Atto to Filippo Melani, from Paris, 27 September 1680: “Se ho occasione di parlare al Re, voglio dirgli qualche cosa della bellissima comedia fatta dal signore Alessandro, il quale veramente in oggi è il primo huomo del secolo nel suo mestiere . . . salutatelo e rallegratevi seco in mio Nome, dell’applauso che hanno riportato costà le sue fatiche, che è una delle maggiori sodisfazioni che possa avere un Virtuoso.  Datemi mandarsi il libretto della Poesia, perché vedrò se è cosa a proposito per questo Paese, per ogni caso che il Re volesse sentirla.”

48

I PSc, Raccolta Chiappelli 188, inserted fascicle with signature “2.do,” f. 15v: “Alessandro per la strada di Parigi dal signor Abbate hebbe i dispacci lettere credenziale, e Patente, di S. M.tà [di] Pollonia.”

49

I Fn, Rossi-Cassigoli MS 268, p. 152: “servj ancora in premurosi negozi il Re Augusto di Pollonia, e procurò che fosse ornato col titolo di suo ministro in Roma appresso Clemente XI. Alessandro suo Fratello.”

50

From the Dondori diary at I PSc, Raccolta Chiappelli 188, p. 107 (26 July 1645), as quoted in Fanelli, “Un animatore,” 60-61: “Atto di Domenico Melani castrato del Principe Don Mattias . . . poco fa essendo stato a recitare alcune commedie appresso la Regina di Francia fece di molto peculio, ma nel ritornarsene in Toscana, dicono si giocasse sopra mille ducati.”

59

Atto to Filippo, from Paris, 3 February 1679: “al quale [Lorenzani] S. M. ha dato incumbenza di condurre in Francia quanti putti Castrati troverà, che habbiano attitudine, cuore, adattata a questa maniera.  Egli farà capo dal P. Filippo, et a Pistoia per haver da voi altri notizia di tutto ciò che può havervi non solamente in Toscana, ma Lucca, et altre parti.  Desidero che gli facciate Cortesie, e massime a Pistoia, e che lo alloggiate con trattarlo bene, accioché possa riferire qua al suo ritorno le cortesie che vi havrà ricevuto.”

60

Atto to Filippo, from Paris, 4 August 1679: “Già sapevo, che il sig. Lorenzani non troverebbe costà cosa buona, e l’istesso seguirà in Roma.  Circa poi questo che ne devino sperare il Padre de’ putti ch’egli condurrà qua, non ci voglio entrare, perché se non piaceranno, saranno rimandato indietro, e piacendo, bisognerà che per qualche tempo si consentino d’imparare a cantare secondo la maniera Francese.”

62

Atto to Filippo, from Fontainebleau, 22 September 1679: “Il Signor Bartolomeo havrà fatto, e farà molto bene a parlar chiaro al Signor Lorenzani, perché . . . egli è un Romanesco millantatore, che si fa fratello carnale del Re, e farà bottega sopra cotesti ragazzi, perché staranno qua per le spese, e vestito, e sarà il detto Lorenzani quello che glie le farà.  Non dico che col tempo non possino havere lo stipendio, che hanno questi musici, che non è gran cosa; e già che il Signor Bartolommeo ha durato la fatica a insegniarli, è dovere che si faccia pagare, e che quel ballon pien di vento, non venga qua a farsi bello delle sue fatiche.”

65

Atto to Filippo, from Paris, 2 February 1680: “[Lorenzani] havendogli fatto passare il monte tener a Cavallo per un tempo stran[issimo] per non spendere venti doble in due lettighe.”

66

Atto to Filippo, from Paris, 15 December 1679: “Il signor Lorenzani si lamenta assai del detto Favalli, che bestemmia come un Turco, e se havesse saputo l’imperfezione che ha, dice che non l’haverebbe condotto, e che beve troppo questo e quanto ha detto senza che ne anche habbia veduto le lettere del signor Bartolomeo, onde gli fo cattivo pronostico, e massime per la bestemmia, il Re essendo delicatissimo su questa materia.”

67

Atto to Filippo, from Fontainebleau, 21 June 1680: “Del resto potete aggiungere al detto signor Prior Panciatichi, che quei signori havevano ragione d’essere malcontenti che quel giovane venisse qua, perché sapevano come l’havevan ridotto, e che haveva piùtosto bisogno di stare allo spedale per farsi medicare, che di venire in Francia, essendo convenuto tagliargli le creste, che erano dentro . . . con vituperio della Toscana, e dell’Italia, mentre fino il Re l’ha saputo, essendo stato M. Felise suo Primo Cerusico che ha fatto l’operazione, e che ha oppinione, che il detto ragazzo sia pieno di mal francese, che magarri deve havergliene dato la sua parte, perché il medesimo favalli ha detto al Biagini che è un gran sodomito. . . . Dico bene che il signor Lorenzani è mortificatissimo, e che un altra volta vuol prima visitare il culo ai ragazzi, e poi sentirne la Voce.”

69

Atto to Filippo, from Paris, 22 August 1681: “La passata vi mandai da Fontanablò una lettera, anzi due, consegnatemi dal favalli, e da un altro di que’ giovani, i quali stanno tutti bene, e bene all’ordine, avendo le spese, calzati, e Vestiti, ma denari per Immaginazione, e quel che è peggio, cantando sempre nel Coro, e in Truppa con gli altri, e mai in concerto, difficilmente potranno ne anche imparare questa maniera.”

70

Atto to Filippo, from Paris, 23 April 1691: “Se avete a cuore il vantaggio di cotesto Soprano, non bisogna pensare a mandarlo qui, perché a pena guadagnerebbe per Vivere, e l’esempio degli altri che ci sono venuti dovrebbe avermi chiarito.  Qui Nessuno li guarda adosso; Il Re non si diletta più di Musica, e solo la sente quando va alla Messa nella sua Cappella.  Se il Favalli fosse stato in Italia, e che fosse andato ogn’anno alle recite di Venezia avrebbe potuto aiutare i suoi, e qui non anno alcuno che parli per loro, non possono sperare davanzarsi giammai più di quello che sono.  L’altra occasione d’Hannover è cento mila volte Migliore, e sete male Informati a credere che que’ Principi risentino il pregiudizio della presente guerra, quando anzi ricevono danari da tutte le parti, e stanno allegramente.  Io però lo manderei alle recite di Venezia per due anni; questo sarebbe un buon capitale per chi gli ha Insegnato, e come acquisterebbe colà aura e riputatione, allora appigliarsi potrebbe al partito migliore.”

73

Atto to Filippo, from Paris, 7 May 1683: “Signor Lorenzani si è Immortalato nel motetto che ha fatto in concorso di tutti questi maestri di Cappella di Francia, avendo avuto l’applauso Universale, onde si crede che sarà uno de due Eletti.  I detti maestri sono stati fino al Numero di 37.  Il Re ne ha scielto quindici, e questi sono stati rinchiusi alcuni giorni, e a ciascuno di essi anno dato le medesime parole di un Salmo, et è bisognato farlo senza l’aviso del Cimbalo, o d’altro Istrumento.  Infine quello che ha fatto il signor Lorenzani, è stato molto bello, e ve ne sono stati ancora degli altri assai buoni.  Ora di questi quindici Maestri, il Re deve eleggerne due, et io non dubito che il signor Lorenzani non resti consolato, perché oltre il suo proprio merito, ha la Regina, e medesima la Delfina, che lo stimano, e portano assai, oltre madama di Montespan, et diversi Signori grandi della Corte, essendo in effetto un buon Huomo, che si fa amare da tutti.”

75

Atto to Filippo, from Paris, 21 May 1683: “il Signor Lorenzani è finalmente restato in terra, ancorché il Re abbia elette quattro Maestri di Cappella, e che le sue composizioni sieno piaciute.  In sostanza qui non voglieno più stranieri, et in oggi pretendono che gl’Italiani venghino ad imparare la musica in Francia.  Egli però è Maestro di Cappella della Regina, ch’era tutta per lui, com’anche Madama la Delfina, ma con tutto questo, ed altri autorevoli protettori, è restato escluso, e gli è stata fatta grande ingiustizia, perché in sostanza anno preso due scolari di batista che appena sanno il contrappunto, ma come qui tutto si fa per intrica, è toccato al povero Lorenzani di essere ammesso al concorso senza riportarne il premio dovutegli di giustizia, ancorché le sue opere non abbiano quello spirito, e quella vaghezza che piace a questa Nazione.”

76

I Fn, Rossi-Cassigoli 268, p. 151: “Cosimo III GranDuca di Toscana per 17. Anni continui l’onorò ogni settimana con lettere di suo proprio pugno.”

78

Imbert, La vita fiorentina, 133: “il ceremoniale era nel Seicento più vario, più complicato e più discusso che non sia al presente.  Futili questioni di precedenza assumevano l’importanza di affari di Stato.”

81

I PSc, Raccolta Chiappelli 64.ii (loose printed folio): “fu ammessa la Famiglia Melani di Pistoja alla Veneta Nobile Originaria Cittadinanza con un onorevolissimo Diploma, che fu di sommo onore alla detta Famiglia, per essere una tale Cittadinanza la prima dopo li Nobili, perché precede a tutti li Gentiluomini di Terraferma di qualsivoglia Rango che siano; vanno fuori in qualità di Segretari dell’Ambasciate Venete; sono mandati Residenti della Republica a Napoli, Milano, Firenze, in Inghilterra, & altre Corti; vestono in Venezia come l’istessi Nobili, e godono anco il privilegio di poter essere eletti Gran Cancellieri, carica primaria della Republica col titolo d’Eccellenza.”

88

Leopoldo Melani to Filippo, from Paris, 23 February 1693: “Per sodisfare alla curiosità che ha il Signor Zio Bartolomeo di sapere come sia l’appartamento del Signor Zio Abbate gli devo dire che è un bellissimo appartamento e ben adobbato.  In primo luogo comincierò dalla bella vista che vede, rispondendo sul Giardino Reale, ove tanto il giorno di Lavoro che di festa ci viene una gente infinita a spasseggiare; e per seguitare l’ordine comincierò dalla stanza ove sta giornalmente il Signore Zio Abbate, dicendoli come questa è parata d’Arazzi verdi, il letto dove dorme e di Dommasco verde, ci sono molti sgabelloni fatti d’una roba simile a quella che è in camera terrena verde, ma però più belli, ci è poi due belli specchi, con le cornici fatte del medesimo vetro, li quali dice che quando verrà costà gli vuol mettere nella prima stanza . . . ove è dipinta l’aurora, un di qua, et un di la, sopra quelle arpie, ci ha poi una scrivania ove ci tiene sopra una mostra d’orologio e molte altre cose, due Torcieri et un ritratto di Madame di Piens sopra la Porta, et il paravento di detta, è mezzo di specchi, et nel uscire di Camera sua s’entra in sala la quale e parata de medesimi Arazzi come la sua Camera e vi sono molte sedie di Dommasco verde che accompagnano il letto, vi è un Spechio grandissimo fatto anche a questo le cornici del medesimo vetro, ma di colore violetto vi è poi un Ritratto del Re in Guato, et un altro quadro di frutta, et un Armadio ove ci tiene tutti i libri vi è ancora un letto da riposo come quello di Monsieur Foucher, ma non della medesima roba, questo che ha il Signore Zio e di Broccato rosso, e verde; nella stanza poi accanto alla sala vi sono molti sgabelloni, è parata ancor questa d’arazzi tutti figurati, di questa stanza qui s’entra nella Guardaroba ove ci tiene i suoi vestiti, e le Biancherie, e le robe da tavola, et accanto a questa vi e la stanza da lacchè la stanza dove sto io è separata da queste, e questa è parata di queste legature di Fiandra ma belle, il letto è di panno verde con un [pelago? illeg.] d’oro, ci sono molte carte geografiche e tre ritratti uno di Madama di Pompona, uno di Madama di Nevers, et uno di Madama di Chattiglon  La Carrozza che ha il Signore Zio, e simile a quella di Monsieur Foucher, ma questa non è soppannata di verde, ma di velluto nero et il fondo dorato et i Cavalli sono simili a sua.  Tiene due lacchè un cocchiere, et una serva la quale è romana, et un savoiardo per scopare le stanze questo è quanto le posso dire.”

90

Leopoldo to Filippo, from Paris, 18 May 1693: “Partimmo poi martedi passato per Versaglia a ore cinque, e mezzo di mattina con un tempo bellissimo, ma freddo, e quando noi fummo a mezza strada il bel tempo cangiò in acqua, che durò per lo spazio di mezz’hora, poi ritornò il bel tempo continuando fino a Versaglia, ove arrivammo a ore sette, e mezzo, e subbito smontati il Signore Zio mi fece l’honore di condurmi su nell’anticamera del Palazzo per attendere ivi l’ora, che S.M.tà si levasse, per vederlo vestire, e non si aspettò mezza hora, che il Re si svegliò, e vennero ad aprir la porta accioché la gente entrasse per vederlo verstire; e così entrammo con gli altri nelle Stanze di S.M.tà, dove ebbi l’honore di vedere il Re quando andava a dire le Sue devozioni accanto al suo letto, avendomi il Signore Zio fatto mettere dietro di lui, vicino al luogo, ove il Re s’aveva da mettere inginochioni, e quando S.M.tà si rizzò nel voltarsi in dietro mi diede una guardata.  Io non li saprei esprimere con la penna quanto sia bello, e ben fatto questo Principe, che a vederlo solamente innamora; sì come ancora non li saprei dir abastanza quanto il Signor Zio Abbate sia ben visto da S.M.tà, e da tutta la Corte, e per quelle anticamere, chi lo chiama di qua, e chi lo chiama di la, e tutti ne fanno una grandissima stima, et i suoi detti sono da tutti moltissimo apprezzati.  Al levare del Re vi era ancora il Signor Sergio, che quando mi vedde pregò il Signore Zio, che mi volesse mandare a desinare da lui; e doppo che fu finito il levare del Re me n’andai con un lacchè del Signore Zio a vedere il Giardino ove vi Stiedi fino a mezzo giorno a riguardare tanti scherzi d’acqua che vi sono, tante bellissime statue di marmo; in fine non si puole assai descrivere con la penna la bellezza del medesimo, e della grandezza che è; doppo di li me n’andai alla Stanza delli Ambasciadori dal Signore Zio, ad aspettar l’ora che mi facesse l’honore di condurmi seco alla Messa del Re, dove mi condusse un ora doppo mezzo giorno nella Cappella dove S.M.tà intende la Messa, e li hebbi comodità di vedere il Re quanto volevo, avendomi messo il Signore Zio vicino all’inginocchiatoio tra gli Abati i quali, quando comincia la Messa, si mettano tutti inginocchioni, et io rimasi tutto scoperto; e nel tempo della Messa il Re mi riguardò tre, o quattro volte, finita la messa m’accompagnai co’l Signore Abbate Averna Gentiluomo Messinese, che ancora lui veniva quella mattina a desinare dal Signor Sergio, e qui lasciai il Signore Zio, andando lui a desinare da Monsieur di Pompona, ove va tutte le volte che va a Versaglia; et avanti d’andare a pranzo, mi condusse detto Signore Abbate su nel Palazzo a vedere gli appartamenti del Re di MonSignor il Delfino, quello che era di Madama la Delfina, che non è niente al mondo di sì bello, e di sì magnifico, essendo ogni cosa specchi, tanto i Palchi, che le muraglie, i pavimenti tutti intarziati, intagliati, et ogni cosa dorato, e se io le havessi da raccontare le gran belle cose ch’io ho visto non sarebbe assai una lisma di Carta; in fine li dirò che Versaglia è il Paradiso terrestre; onde non mi maraviglio niente che il Signore Zio Abbate non gli venga mai voglia di venire in Italia, perché essendo in un sì bel paese stimato da tutti, e reverito da tutti, et ha più amici in una strada di Parigi, che non ha in Fiorenza, e Pistoia; basta non occorere ch’io mi stenda di più sopra di questo, mentre lor Signori lo sanno meglio di me, ce n’andammo poi doppo a desinare dal Signor Sergio, il quale ci trattò benissimo, e tanto la Signora Sua Consorte, che sta sempre malata, quanto il Signor D. Paolo m’imposero ch’io reverissi tutti lor Signori a nome loro, et in particolare il Signore Zio Bartolomeo; e doppo desinare assieme con il Signor Sergio, et il Signore Abbate Averna mi condussero a vedere il luogo ove S.M.tà tiene tutti gli aranci, che ce n’è migliaia, e migliaia, et è la più bella cosa del Mondo; e doppo di li ritornammo a vedere l’appartamento di MonSignor il Delfino, ove ci stiedemo fino a ore cinque di sera, e doppo di li, mi licenziai dal Signore Avernoa [sic], e dal Signor Sergio, me n’andai alla Casa ove abita Monsieur di Pomponna dal Signore Zio, che stava giusto per montare in Carrozza; e così ce ne tornammo a Parigi ove arrivammo a ore otto di sera.  Eccoli dunque raccontato tutto il viaggio, e mi compatiranno se non è troppo ben composto, sì come ancora della brevità, perché, come le dico se io l’havessi a racconatare cosa per cosa di quello che ho visto non mi sarebbe assai un lisma di Carta.”

94

Domenico to Carlo Antonio Gondi, from Paris, 1 January 1714: “In questo ordinario porto a V.S.Ill.ma la funesta novella dello stato pericoloso, nel quale si trova presentemente l’Abbate mio Zio già agonizante.  Venerdì mattina contro il consiglio di tutti volse levarsi di letto, dicendo, che si sentiva soffogare; onde fu necessario per quietarlo, metterlo sopra una sedia.  Appena fu levato, che volse ancora fare quattro passi per la Camera sostenuta da due persone; Ma nel muoversi disse, ohimè non posso più, e si rimesse a sedere.  Doppo di che li venne, come uno svenimento; Onde lo feci rimettere nel letto subitamente, e parve che ritornasse nel suo buon sentimento, avendolo bagnato con l’acqua della Regina d’Ongheria.  Di lì a un quarto d’ora li riprese l’accidente, che li fermò la lingua, avendomi detto l’ultime parole, mio nipote non mi abbandonate.  Doppo non ha più potuto parlare con tutti i Rimedi, che li si sono fatti; non manco di farlo continuamente assistere dal suo confessore, e da altri sacerdoti continuamente, ma è presentemente in uno stato che non sente più cosa alcuna, avendo fermato gl’occhi intieramente, e perso ogni movimento. . . . Questo martedì nelle hore 7 Il signore Abbate continova ancora senza parola, e senza moto.  Si vede che egli soffre assai, e dubito voglia soffrire ancora qualche poco di tempo, essendovi della forza nel polso.”

97

Domenico to Gondi, from Paris, 15 January 1714: “Avendo stimato mio debito di lasciare in questo paese qualche memoria di mio Zio, ho pensato farli un Deposito nella Chiesa, dove è sepolto, avendomene di già quei Padri concesso il sito in una Cappella laterale vicino all’Altar maggiore, in faccia alla porta della sagrestia.  Ne trasmetto per tanto a V.S.Ill.ma il disegno, supplicandola di porlo sotto gl’occhi di S.A.R.le.  Questa è opera del rastrelli scultore fiorentino, e di già si comincia a lavorare il marmo, e le figure, avendomi promesso dentro il mese di Marzo, che tutto sarà finito, e posto al suo luogo.”

107

A. Melani (Alessandro Gaetano? see figure 7.1) to an unknown recipient (“Caro cugino”), from Portolongone (today Porto Azzuro on the island of Elba), 14 January 1884 (I Fn, Rossi Cassigoli, cassetta 1, pezzo 5): “Diversi giorni or sono ebbi una tua lettera, cui replicando ti dirò: che per ora non posso affatto aderire alla richiesta del signor Cassigoli: il che potrei solo effettuare quando i miei varii affari mi permettessero potermi soffermare alcuni giorni in Pistoia.  Presentemente non posso in alcun modo lasciare quest’isola, né potrei dare ad altri, com’è naturale, la chiave dello scrittorio.  Tanto in replica alla suddetta tua ed a quella del signor Cassigoli, cui farai miei distinti saluti, conforme faccio teco e verso tutta la tua famiglia, mentre mi confermo tuo affettuosissimo cugino A. Melani.”

108

Angeli, et al, ed., Dal manoscritto, 19: “I manoscritti sono stati acquistati dal Ministero per i Beni culturali e ambientali dalla Libreria Musicale Italiano Editrice di Lucca al prezzo di L. 30.500.000 e acquistati dalla biblioteca nel 1995.”

109

I Fm, Melani 1 (unfoliated, at beginning of manuscript): “Gran numero di volumi di memorie fatte copiare in bellissima scrittura, documentate dalle lettere autografe dei personaggi coi quali fu per diverse cagioni in corrispondenza, giunsero fino al 1906 intatti nelle loro belle legature primitive in cuoio; in quest’anno tolti alla patria, disfatti, dispersi, venduti a vari collezionisti, insieme agli altri numerosi volumi che comprenderano migliaia di lettere a lui scritte da regnanti, ministri, ambasciatori, da quasi tutti i cardinali, uomini politici, personaggi cospicui del suo tempo, che pur egli aveva desiderato di lasciare in Francia, alla Biblioteca del Re!”

111

Atto to Filippo, from Paris, 1 December 1698: “Il signor Cavaliere Corboli cantò molto bene, e con molta grazia, e da Vero Cavaliere, e sopratutto mi piace in lui, che non si fa punto pregare. Anno avuto gran torto que’ di Pistoia, a non Insegnare a Leopoldo, che avrebbe avuto una bellissima Voce; perché questa Virtù, è il più Nobile adornamento che possa avere una Persona ben Nata, e si vede che li Papa, gli Imperatori, i Principi, e le Regine non isdegnano di professarla per loro compiacimento, e divertimento.  Nessuna Virtù Introduce ne’ Gabinetti di Principi come questa; Il principio della fortuna di Papa Clemente IX è stato la Poesia, e senza la Musica, sarei tuttavia a Pistoia a guardare il Leoncino.  Nessuno de Nostri Nipoti farà gran figura nel mondo; perché quello di Roma non ha presenza, e quando sarà pervenuto ad essere Auditore di qualche Cardinale, o Prelato, a meno che non sia Papa, sarà sempre un piccolo Dottoruccio a dieci scudi il Mese.  Cotesto potrà avere un Canonicato se Dio mi da Vita, e questo sarà forse lo stallone di Casa Melani, Che alcontrario se avesse avuto la Virtù della Musica, per esercitarla solamente come fa il signor Cavaliere Corboli, non vi sarebbe stato Principe, e Monarca che non l’avesse veduto volontieri; E quando venni in Francia, il Maresciallo di Scionbergh, et il Duca di Montmaus Primo gentilhuomo della Camera del Re, venivano tutto il giorno da me per concertare delle Canzonette a due a [sic] tre Voci, che si cantavano poi la sera nel Gabinetto della Regina.  Vi scrivo questo perché avendo noi obligo a Santa Cecilia di tutto il Nostro bene, non vi sdegnate di honorare tal Santa, come penso di fare anch’Io nel mio Testamento.”