Roger Freitas

Portrait of a Castrato: Politics, Patronage, and Music in the Life of Atto Melani

Original Texts of Translations

Chapter 3, “In Pursuit of Prestige: 1653-1655”

 

(For full citations of letters, see Appendix A [if a letter by Atto] or Appendix B [if not] in the published volume; for citations of other primary and secondary sources, see the Works Cited.)

 

8

Leopoldo de’ Medici to Mattias, 25 October 1652: “la parte di Apelle che e una delle due Principali, poi che V.A. può considerare, che Atto per fare alessandro non è proporzionato.”

10

Atto to Mattias, from Pistoia, 5 November 1652: “Son certo che V.A. sentirà volontieri che in ogni occasione io mi faccia honore, e però procuri anche di far diligentia per conseguire tutti quei mezi che me ne possono facilitar la strada; La parte D’Apelle non è da farsi quel’ honore che forse haveranno potuto scrivere a V.A., e però nella lettera ch’io scrivo al signor Carducci motivo di voler sentire quella di Alessandro, perché mal’ volentieri reciterei sotto di altro Virtuoso che sia in firenze, quando non per espresso Comandamento di V.A.”

14

Atto to Mattias, from Aix-en-Provence, 1 March 1660: “Le feste però che si devono fare a Parigi per le nozze di S.M., non si faranno che nel futuro carnevale, e se vi dovessi rappresentare, non potrei esser spedito di qua che al principio di quaresimo dell’anno prossimo, ma è sequito un accidente, con mio extremo piacere, che forse mi darà luogo di esser molto prima da V.A.  L’Abate Buti è quello che ha composta la Poesia dell’Balletto e Commedia che si deve fare, essendo però una sola festa, costui ha pensato di voler far venir qua una compagnia di Romaneschi, per esserne il capo, e per governarli a modo suo, ma perché non ne seguiva il Servitio di S.M., proposi il signor Cavalli per compositione, il signor Gio: Carlo per sonar l’Arpa, et altri virtuosi, creduti da me per i megliori, i quali sono stati preferiti a quelli che pensava a far venire, e non credevo veramente che le dovesse tanto premere l’haver questi più che altri, ma ho poi conosciuto che ne è restato piccato, perché ha composta un opera, che è intitulata gl’Amori d’Ercole, dove non vi sono che sei attori principali, compresevi le Donne, andando tutti gl’altri in machine, e quelli sono tutti per bassi e tenori.  Fu chiamato in questa Città dal signor Cardinale Mazzarino, per che le rendesse conto delle feste che meditava di fare, et havendole una sera letta la poesia dell’opera, e detto che personaggi le occorrevano, mi contò per una parte di machina, anche delle più ordinarie.  Il signor Cardinale le fece una risata, e le addimandò se credeva che io l’havessi voluta fare, al che rispose, che le altre erano improprie per soprani.  Mi fu subito referto questo, da Persona, alla quale S.Em. l’haveva detto l’istessa sera, burlandosi del Buti, e perché il mio naturale è un poco pronto non potei adulare con il Buti, e trovatelo un giorno in compagnia di molti, le addimandai con tutto il rispetto e modestia possibile, che parte mi haveva destinata, perché essendo dei megliori suoi amici e servitori speravo che mi haverebbe tratto meglio che alcun altro.  Mi rispose che nella sua opera non haveva di bisogno che di sei parte principali, che erano due donne, un basso per far la parte d’Ercole, un contralto per fare una vecchia, e due tenori per i figli d’Hercole; che vi erano molte deità che andavano in machina, e che haverei potuto prender quella che havessi voluto.  Sarei troppo lungo se volessi significare a V.A. tutto ciò che seguì nel nostro discorso, che però le dirò solamente che la mia conclusione fu di dirle, che era un maligno, un ignorante, e che non meritava che io cantassi li suoi infanissimi versi, e le dissi questo, perché me ne diede la causa.  Si dichiarò che se havessi havuto alcuna parte in quella sua festa, che se ne voleva andare a Roma, e perché io pensai subito, che questa poteva esser una buona occasione per distaccarmi di qua senza che io appaia un ingrato, ho lasciato correre, e non ho fatta alcuna prattica per distrugger la malignità di costui, ma è ben vero, che a principiare dal Re, fino all’ultimo, hanno tutti tratto il Buti di ridicolo.  La Poesia però e già fatta, ed egli sta saldo nel suo detto, e perché vi si ostini divantaggio io non lo guardo in viso, e non lo saluto, per che conosca la poca stima che faccio di lui; Io so che subito che sarà qua il Cavalli saranno dichiarate le parti perché possa comporle sopra di chi le deve cantare, e perché io non voglio machine, e non rappresenterei in alcun modo, a meno di fare una delle principali parte, fuori anche di donne, voglio lasciar correre, e poi voglio prender questo motivo per addimandar la permissione di partirmi, già che non haveranno occorrenza di me.”

15

Atto to Mattias, from Aix-en-Provence, 28 February 1660: “la mia riputatione non mi farebbe mai acconsentire che io facessi una seconda parte, e che stessi in Francia a vedere operare gl'altri, che mi sono tanto inferiori.”

23

Atto to Mattias, from Innsbruck, 25 May 1653: “Mi par bene all’incontro, che la Ser.ma non habbia quella dolcezza con che soleva trattare i suoi famigliari, non havendomi sin hora detto pure una parola.”

24

Atto to Mattias, from Innsbruck, 22 June 1653: “per ancora non ho havuto fortuna d’esser gratiato dalla Ser.ma di una sola parola, e doppo che si ritrova in letto à fatto quasi ogni giorno introdurre nella sua camera altri virtuosi forastieri a cantare, lasciando sempre di esser il signor Anglesi e me gli chiamati; Benché questa cosa non mi apporti danno ne utile alcuno, stimando però molto la mia riputazione ci ho fatta qualche riflessione senza però farne conoscere alcun motivo.”

25

Atto to Girolamo Graziani, from Innsbruck, 22 June 1653: “qui mi moro di Maliconia.”

26

Atto to Mattias, from Innsbruck, 22 June 1653: “E perché alcuni musici Venetiani dominano lo spirito non tanto della Ser.ma quanto del Ser.mo Arciduca per cagioni che a suo tempo dirò a V.A., ho conosciuto che procurano per ogni verso tenermi in dietro, ma come mi confesso veramente superiore a tutte queste cose, dentro di me stesso me la rido, perché se mai ho fortuna d’andare da S.M.Ces.a e che sia con S.A. ho speranza di chiarirgli tutti senza alcuna fatica.”

27

Atto to Mattias, from Innsbruck, 29 June 1653: “io restando poi alle mie stanze dalle 24 alle quattro aspettando questi virtuosi che dai gabinetti Imperiali se ne venghino a dar il moto alla cena; e non havendo questi mai altro imbocca che i miracolosi favori che li vengono fatti, havendo fra l’altre cose suplicato la Ser.ma il Consorte acciò non li voglia condurre a caccia ma lasciarli acciò S.A. li goda, mi hanno con queste chiachere fatto un capo che dubito quando tornerò di non haver a poter entrare per la porta di Firenze; Havendo io però conosciuto il loro fine, procuro di star tanto allegro e fuori d’ogni affettatione e pensiero di questa corte, che fra il signor Anglesi e me facciamo a chi dice più minchionerie.”

29

Atto to Mattias, from Innsbruck, 29 June 1653: “non havendo alcuna altra occupatione vivo di cantare e veramente ne sento molto profitto, si ché quando non fusse altro havrò un obligo di vantaggio a questo Paese.”

30

Atto to Mattias, from Innsbruck, 22 June 1653: “non fecero altro, se non che mi fecero il primo, serbando il meglio da ultimo, ma la mia fortuna volse che quando si fu termina[to] il canto, quel Cavaliere pregò S.A. a farmi ricantare un altra Aria dicendo ad’altri Cavalieri in forma che ogn’uno intese che tutti erono bravi, ma che haverebbe sentito per sua elettione più me dieci volte che gli altri cinque.”

31

Atto to Mattias, from Innsbruck, 29 June 1653: “si compiace di sentir cantare dalle 22 hore sino alle due di notte, concertando S.A. con questi Musici Venetiani diverse aria per farle sentire all’Imperatore.”

32

Zoller, Geschichte, 244: “Mit Ironie kennzeichnet ihn Kanzler Wilhelm Bienner mit den Worten: ‘Maschere, comedie, balli e nient’altro.’”

33

Atto to Mattias, from Innsbruck, 25 May 1653: “Quando il Ser.mo Arciduca Ferdinando non va a caccia, si trattiene tutto il giorno con i musici, essendo fra gli altri il favorito, il Padre Cesti. . . . Si fa musica in chiesa ogni giorno di festa, ed il Ser.mo viene dove si canta ed egli medesimo distribuisce le parti, e tratta con tanta benignità e famigliarità che non saprei esprimerlo a V.A.”

34

Atto to Duke Carlo II of Mantua, from Innsbruck, 25 May 1653: “il Ser.mo Arciduca si è dato alla musica, e sa fare alcune sonate sopra il cimbalo e la viola, li piace assai Morello, nel cantare, ed il Padre Cesti e il suo Dio della musica.”

35

Atto to Mattias, from Innsbruck, 29 June 1653: “La mattina quando non vanno alla Caccia, il Ser.mo Arciduca si trattiene il più delle volte nel Teatro che fa fabricare per le commedie, sino al’hora del pranzo, e facendo provare le mutationi delle scene come le machine con i musici che vi devono operare, vi vado ancor io non tanto per far la mia parte, quanto per pigliar quel tempo in farmi vedere a S.A. . . . Doppo il pranzo me ne vado subito alle mie stanze con la mia camerata che è il signor Anglesi, e perché sono contigue a quelle del Padre Cesti che ha composto l’opera, quando S.A. non va alla Caccia viene dal Padre medesimo ove ben spesso si va facendo qualche prova delle parti che rapresentano questi virtuosi, e da questa commodità piglio occasione di farmi vedere a S.A.”

38

Atto includes a copy of Montecuccoli’s letter with his own to Mattias, from Innsbruck, 15 June 1653: “ne sarà punto necessario d’aspettare la risposta di la [Firenze], poi che la benignità di S.A. [Mattias] m’assicura che ella Incontrerà volontieri questa occasione di compiacere a S.M.”

39

Atto to Mattias, from Innsbruck, 25 May 1653: “Del viaggio per la Dieta non se ne parla, benché tutti dicono che vi s’andrà et il medesimo ser.mo Arciduca, con tutto ciò io non lo tengo per tanto certo, e quando vi si vadia non puol’esser prima del Settembre o del Ottobre.”

40

Atto to Mattias, from Innsbruck, 2 July: “sento tanta allegrezza che se scrivessi qualche sproposito, suplico V.A. a condonarmi perché sono fuori di me stesso, e posso dire di escire da quel paese ove gl’asini volano.”

42

Atto to Mattias, from Regensburg, 14 July 1653: “mi fece dire S.M. che dovessi essere a Palazzo alle 23 hore come feci et essendo stato introdoto mentre appunto si era posto a Tavola per la cena, con la M.ta dell’Imperatrice e Re de Romani, mi fece cantare tutto il tempo che durò la Cena, e doppo, S.M. levandosi dalla Tavola e venendo parte ove era lo spinetto le andai accanti e baciandoli la mano le presentai la lettera di V.A.S. con rapresentargli l’ordine che ella medesima mi haveva dato di dover con ogni sollecitudine presentarmi a S.M., e che haveva stimata sua gran fortuna che un suo Servitore fusse stato giudicato degno di poter servire e S.M.; Ricevendo la lettera la levè [sic] subito e mi disse queste precise parole; Signor Atto io l’assicuro che per l’Informationi che mi erano state date delle sue Virtù pensavo che valesse molto, ma ho trovato esser maggiori di quello che la fama mi haveva apportato; Confesso che il signor Principe ha havuto molta Ragione a non si esser mai voluto privare della Sua Persona, ed’ella medesima lo puol’accertare che non poteva farmi il maggior favore; si contenti di cantare dui altre Ariette; Queste furono le parole che mi disse S.M. et havendo fatto portare tre sedie vicino all’istromento mi fece cantare un altra hora e mezo, si che in tutto cantai tre hore e mi dicono questi signori che S.M. non ha mai fatto ad’alcun altro Virtuoso che sia venuto in queste parti le dimostrationi che ha fatto a me; S.M. è andata ogni giorno a Caccia e sempre quando mi ha veduto ha fermato gli occhi sopra di me sorridendo, cosa che dicono non haver mai fatto S.M. in publico, stando sempre con estrema gravità.”

43

Atto to Mattias, from Regensburg, 14 July 1653: “Hieri che fu Domenica volse S.M. sentirmi in chiesa e fu con mia grandissima riputatione, perché alcuno non credeva per havermi sentito in Camera con voce moderata, che io dovessi esser sentito in Chiesa; Cantai adunque hiermattina un Mottetto a Voce sola con parole appropriate alla Nascita di S.M., hieri al vespro cantai una Magnificat molto bizzarra, e per veder poi se cantavo fondatamente, mi fecero cantare le Litanie a Voce sola molto artifitiose per far prova di un Musico, per mia fortuna ero molto bene in Voce, assegno che satisfeci molto bene alla mia parte; gli applausi furono più grandi del merito, e spero che da altri V.A. n’haverà qualche relatione.”

44

Atto to Mattias, from Regensburg, 4 August 1653: “Hiersera cantai da S.M. con mia grandissima fortuna, perché L'Imperatore disse publicamente che l’ultima volta che mi sentiva li pareva che cantassi sempre meglio delle altre; Hiermattina alla messa di S.M. cantai un mottetto a voce sola con grandissimo applauso, e nella giornata di hieri acquistai gran reputatione, confessando a V.A. la verità, che non mi arricordo mai de miei giorni d'haver cantato come faccio adesso.”

45

Atto to Mattias, from Regensburg, 4 August 1653: “Ogn’uno fa a gara a chi mi puol far più cortesie, e queste dame sono tutte per me, e veramente in alcun luogo ove io sia stato, non ho havuti tanti honori e sentito con maggior applauso.”

50

Atto to Mattias, from Munich, 22 August 1653: “Sono in Monaco di Camerata con il signore Residente di Toscana, signor Conte D’Elci, signor Conte Enea Caprara, et il Giovine Conte Montecuccoli; andiamo vedendo et osservando il meglio di questo Paese, ma non ci è ancora sentito di poter vedere ne giardino galleria et altro di questo Palazzo, perché lo tengono come una reliquia, e si vive peggio che i certosini con costumi tutti differenti alli altri paesi.”

51

Atto to Mattias, from Munich, 22 August 1653: “Io non canterò se non me ne fanno più che istanza, perché non voglio far come tutti quelli che vengono in queste corti d’Alemagna a farsi sentire per haver un regalo, molti Cavalieri mi diono [sic] perché non canto una sera al servitio di tavola, e che S.A. n’haveria gusto, et io li rispondo che quando la medesima me lo comandi che lo farò, non essendo qui se non per mio spasso.”

54

Atto to Mattias, from Regensburg, 7 July 1653: “perché . . . io vi opero una delle parti principali pare che S.A. habbia havuto qualche sentimento di vedermi partito.”

55

Atto to Mattias, from Innsbruck, 7 September 1653: “[io] venendi avvertito da più Persone dei mali offitij che mi erono stati resi, fra le quali fu il signor Abate Grimani, e che per questi, S.A. era molto risentita contro di me.”

56

Ibid.: “Sopra dui capi sono fondate le calumnie che mi hanno date, le quali sono state portate con ogni spirito, dal Padre Cesti, con l’assistenza di questi altri musici, non havendo poi mancato il signor Anglesi di oprare al suo solito attaccandomi ove ha potuto, senza anco riguardo di V.A.. . . . Il primo Capo per il quale hanno messo S.A. in grande alteratione, è stato, l’avergli detto che non altrimenti l’Imperatore mi ha addimandato, ma bensì che io ho procurata questa occasione per andarvi, e che ne ho scritto a V.A., la quale per levarmi da servire al ser.mo Arciduca ha trovato questo pretesto di mandarmi a Ratisbona.”

57

Ibid.: “Il Secondo capio è molto peggiore che primo, perché lo trovo più maligno. . . . Per informatione dirò a V.A. che subito partito io d’Inspruch, questo Ser.mo diede commissione al Padre Cesti che scrivesse a Venetia per far venire in mio luogo l’Anna Renzi, e perché le prime lettere non andarono, mi volsero dar la colpa a me che l’havessi fatte levare dalla Posta, ma come già ero partito, non hanno fomentata di vantaggio questa Voce; havendo il Padre Cesti replicato più artifitiose lettere al suo corrispondente in Venetia, d’ vedendo che la Signora Anna non voleva venire dicendo esser impegnata per andar a Genova, li comparve finalmente una lettera la quale subito portò a S.A. accompagnata con tutte quelle maniere che sogliono i più astuti frati, e disse, che non si meravigliava se la signora Anna non voleva venire perché S.A. in quella lettera ne haverebbe letta la causa; questa n’era il Tenore; Havendo procurato con ogni mezo d’iscoprire le cagioni che ritenevano la signora Anna a Portarsi a cotesto servitio, ho poi saputo che ne stata dissuasa dai corrispondenti che Atto Melani tiene in Venetia, perché il medesimo ha scritto che passava a Ratisbona, per non esser cotesta un opera da par suo, onde lei per questa causa non voleva andare in Spruch, stimando più suo Utile e Riputatione l’andare a Genova, che servir per rifiuto.”

58

Ibid.: “facendomi [la lettera] autore d’una malignità che è tanto grande quanto la mia Innocentia”; “troverà [V.A.] che la bugia à corte le gambe”; “l’Inventioni di qualche disgratiato”; “ci penseremo un poco.”

59

Ibid.: “V.A. puoli dire che subito mi rispose che dovessi ritornare a Ispruch . . . per far tutto quello che queste Altezze mi havessero comandato.”

60

Ibid.: “perché non para cosa mendicata.”

66

Atto to Mattias, from Florence, 2 October 1654: “Questo giorno in Camera del Ser.mo Cardinale ho cantata tutta la Commedia e vi era ancora il Ser.mo Principe Leopoldo, e giuro a V.A. che è musica di Paradiso e non si puol’ sentire cosa più bella;  Vi erano diversi Cavalieri Accademici e fra gli altri ancora il signore Conte Bardi oltre poi il signore Marchese Niccolini, e perché a Pratolino in Camera della Ser.ma Granduchessa fu cantata da’ altri Virtuosi e poi anche qui in Firenze quando ci era il ser.mo signor Cardinale, mi hanno fatto questo giorno honore di attribuire a me la lode di haverla cantata molto meglio de’ gli altri.”

68

Atto to Mattias, from Florence, 27 September 1654: “Voleva [Anglesi] l’altro giorno accomodar certe note che egli diceva non esser a suo luogo ma S.A. gli disse che le lasciassi stare perché forse dovevano star bene e secondo l’intentione del compositore et egli non consocerlo.”

71

Atto to Mattias, from Pistoia, 12 September 1654: “Il motivo che ho di cercar questo Benefitio è per assicurarmi il pane anche nella mia più grave età.”

72

Atto to Mattias, from Pistoia, 29 September 1645: “io abbi oppinione che si lavori per Sancta Maria in Casa.”

73

Lionardo Signorini to Mattias, from Pistoia, 7 September 1659: “i Melani sono Zippi come una uva di benefitii et uffitii.”

75

Atto to Mattias, from Florence, 10 October 1654: “Già con altra mia humilissima ho rappresentato a V.A.S. la risposta, che mi fece il ser.mo GranDuca che fu di parole gentili al solito. . . .  L'Annua rendita di quella sono sessanta staia di grano e trenta barili di Vino, e mentre io la potessi conseguire Vorrei distaccarmi affatto dalla Cittá di Pistoia facendo Venire i miei fratelli e mia madre in firenze dove stabilirei Casa, e vendendo quell poco che ho alla Patria ponendo il Danaro in qualche negotio v'inpiegherei quei fratelli che non havessero altro modo di stabilirsi, e così mi libererei da quel Paese maligno che non si puol praticar con uno che non si facci Inimicitia con dieci; Io non posso Ser.mo Padrone far questa risolutione senza un stabilimento sicuro per che tutte le cose mi posson mancare con il tempo e dove in firenze si vive con quattro, in Pistoia si fa con uno: Il benefitio Vacante non è di tanta qualità che S.A. possa haver riguardo di conferirlo in Persone grandi è qualificate per Utile di numerose famiglie, e non havendo mai ottenuto dal ser.mo Gran Duca gratia alcuna et havendo io così buon fine, non mi par che le mie Instanze siano troppo ardite.”

76

Atto to Duke Carlo II of Mantua, from Florence, 23 March 1655: “Dall’ultima lettera scrittami dal signore Garrachia ho conosciuto la benigna dispositione di V.A.S. intorno a miei interessi che appunto sono nella conformità che V.A. si è persuasa del mio poco gusto di stare in queste parti, non perché dal mio Ser.mo Padrone non riceva ogni buon trattamento ma perché il mio fine è stato sempre d’assicurarmi un proportionato emolumento in vita et a tale effetto essendomi posto in habito, Per non trovar qua quella conrrispondenza [sic] ch’io desidero, e promessami dal Ser.mo Gran Duca son resoluto d’appigliarmi alle occasioni che mi si presenteranno già che più volte son restato deluso dalle assicurationi fattemi nelle vacanze che sono occorse, si ché vedendo che mi succederebbe come ad altri virtuosi che invechiati si trovano senza stipendij, dall’exempio di questi mi muovo di pensare al futuro e mentre trovi stabilimento in benfitij ecclesiastici in luogo di provisione, io penso di ritirarmi da questo servitio;  Il genio particolare che ho di servire a V.A. secondato dalle sue benigne dimostrationi, m’obliga in primo luogo ad offerire a V.A. il mio servitio certificato che mentre l’A.V. l’aggradisca, havrà campo di gratificarmi nella maniera che bramo, e di havermi senza aggravio già che persone di età gravissima si trovano possessori di benefitij capaci di pensione equivalente allo stipenio che ricevo qua.”

78

Atto to Duke Carlo II of Mantua, from Rome, 20 November 1655: “mi portai a Roma per alcuni miei affari pensando sbrigarmene in poco tempo.”

79

Atto to Mattias, from Rome, 1 May 1655: “Sono stato a riverire molti di questi Principi e Cardinali che hanno voluto sentirmi, il che ho fatto con mio grandissimo piacere havendo per mia fortuna incontrato il gusto di tutti o almeno me l’hanno dato a credere, et ho veramente havuto a caro esser stato in Roma nel tempo che molti altri Virtuosi ci sono concorsi con i loro Padroni perché essendo questo Paese il Paragone del merito e della virtù, gli applausi si hanno per giustitia, e le passioni ed oppinioni restano nella testa della persona sola che le concepisce. . . . se ci sarà qualche congiontura di festa principale, voglio farmi sentire anche in publico.”

80

Ibid.: “Monsignor Buonvisi, vuol che io possi haver campo di porgere Cantando i miei ossequij [to the pope], come quando si Canta per impetrare gratie da S.D.M.”

82

Atto to Mattias, from Rome, 10 May 1655: “Io mi ritrovo giornalmente in bellissime conversationi di Cardinali, prelati, virtuosi, e virtuose, et ho occasione di sentire i megliori, e megliore Dame che cantino che non mi puol’ servire se non per apprendere qualche cosa havendo ciascheduno qualche qualità considerabile in suo genere, se bene Roma sta male assai a virtuosi di Musica, non ci essendo in fiore, altro che Buonaventura che pure non canta con grande artifitio ma con naturalezza e voce veramente bellissima; gli altri hanno passato il Pò; Di Donne ci è una monaca di Campo Marzo che è un miracolo sopra naturale, poiché non si puole desiderar qualità che ella non l’habbi; di Donne che sijno per la città per cantare non vi è che una tale Angiola detta la Pollarola che veramente canta bene assai, havendo bellissima voce; un cantare affettuosissimo, trillo, dispositione, e che dell suo pronontiare non se ne perdono ne pure gli accenti; questa io la stimo assai, et è Donna honorata l’istessa, per quello che almeno ne crede Roma e che lei medesima assicura, io me lo persuado perché Di viso è commodamente brutta; Ci sono moltissime altre donne che cantano e sono bellissime come certe che ha in Protetione il signor Cardinale Orsino, ma s’haveria più satisfatione a sentirle nel letto che in camera, che è quanto posso dire a V.A. in proposito di Musica.”

83

Atto to Mattias, from Rome, 13 November 1655: “V.A. pensi se di qua vuole ch’io li conduca qualche bella Romanesca da ballar sopra la Ciaccona.”

85

Atto to Mattias, from Rome, 27 May 1655: “Hieri l’altro per la festa di S. Filippo Neri Cantai un mottetto nella Chiesa nuova ove era tutta Roma che fu una buona congiontura per me per rinfrescare a questi Romani la memoria delle mie operationi; l’Audienza che io hebbi fu singolarissima perché non si sentiva ne pure un alito, che mi da causa di credere non fussero mal sodisfatti del mio cantare.”

88

Atto to Mattias, from Rome, 17 June 1655: “havendomi S.A. [Giovan Carlo] fatto cantare doppo cena sotto le finestre del signore Ambasciatore di Spagna e credo si dovrà far molte cantate in quel luogo perché vi concorre tutto Roma a pigliare il fresco.”

89

Giovan Carlo de’ Medici to Mattias, from Rome, 1 June 1655: “ma esendo io stato pregato di ritenerlo un poco d’una mano di queste Signore per farlo cantare questa estate, essendosi qui la sera asai gl’ho risposto che per ratenerlo tanti dì quanto bastasero per sapere se V.A. se ne contenti mi pigliavo questo arbitiro [sic], pero ora gli porto le preghieri di queste et anche io l’acompagno con le mie per servire queste Signore.”

91

Atto to Duke Carlo II of Mantua, from Rome, 20 November 1655: “quando feci per licentiarmi dal signor Cardinale Gio. Carlo, fui trattenuto da S.A. per volersi servir di me in diverse serenate che nella passata estate si sono fatte in vero molto belle; Io seppi il viaggio che V.A. voleva fare in Francia ed a questo solo fine procuravo spedirmi di qua perché senza [che?] ne sapesse altro volevo comparirle avanti d’improviso per esser fatto degno di esser ammesso nel numero degli’altri che hanno havuto l’honore di servirla.”

93

Atto to Mattias, from Rome, 27 May 1655: “sono molto più contento quando servo personalmente alla sua Ser.ma persona e quattro o cinque mesi di estate mi parranno [sic] molto lunghi lontano da V.A.”

97

Atto to Mattias, from Rome, 23 October 1655: “desiderava [Giovan Carlo] mi trattenersi sino all’arrivo della Regina di Svetia, la quale per dilettarsi straordinariamente della Musica, voleva egli fargli sentire i suoi virtuosi in concorrenza di questi Romani.”

98

Atto to Mattias, from Rome, 30 October 1655: “Se la Regina di Svetia non fusse per venire a Firenze, io più d’ogn’altro supplicherei V.A. a permettermi che mi facessi sentire a S.M., ma dovendo venirvi, mi pare che forse saria di più mio vantaggio il presentarmeli separato da gl’altri, e non in queste confusioni che sono per esserci.”

102

Atto to Mattias, from Rome, 8 January 1656: “È tanto impatiente e volubile questa Regina, che un altra volta o due ch’io vada a servirla, credo basterà per far risolvere il ser.mo Principe Cardinale a permettermi ch’io ritorni a servire V.A; Si fanno dui sere della settimana Accademie di Voci et Istromenti avanti S.M., ma non è possibile che possi stare un momento senza spasseggiare, parlare, o ridere, onde i Virtuosi ne restano con poca satisfatione già che non hanno altro da sperare, e fa così in tutte le sue attioni; bastandoli tal’volta di sentir la messa sino all’Evangelio.”

103

Atto to Mattias, from Rome, 14 January 1656: “dove per esser l’ultima volta, hebbi fortuna di ritrovarmi in grado di Voce e d’humore così perfetto, che ne diportai un grandissimo applauso, facendomi S.M., doppo haver Cantate molte arie Italiane, Cantare in francese e ‘Spagnolo; Il Ser.mo Principe Cardinale disse a S.M. che sarei partito imbreve, forse per sentir il suo humore, e se bene, gli disse, che ogn’uno poter sentire, che non doveva lasciarmi andare, non giudica però S.A. che ella ne havesse premura più che ordinaria.”

104

Ibid.: “haviamo [Giovan Carlo and Atto] discorso del poco applicamento, che ha questa Regina a tutte le cose.”

108

Atto to Mattias, from Montcalier (Moncalieri), 30 (or 3) November 1656: “Assicuro V.A. che mai al mondo ho Cantato con tanto mio piacere, vedendo l’aggradimento che ne hanno questi Principi, che vogliono vedere il fine de miei libri, Cantandosi ogni sera, quattro e più hore.  Mi hanno ben fatto parlare perché restassi nella loro Corte per tutto questo Inverno, ed’ il Ser.mo signor Duca, a me disse a queste sere, che per vedermi operare in una Commedia, haveria fare espressamente un opera in Musica, e Veramente se a Parigi non havessero saputo che io già sono in Viaggio a quella volta volentieri mi saria trattenuto a Servir S.A.R. . . . Vive adorator della Musica et ogni sera in suo particolare ne vuole dui hore avanti cena, facendomi poi doppo questa, Cantare medesima Reale per dui altre hore; ho tentato licentiarmi già per dui volte, e sempre sono pregato a Restar per dui altri giorni, onde mi sarà d’infinito Dolore il partire da questa Corte per le grandi amorevolezze che io ci ricevo.”